Salvador Dalì, il terzo occhio occidentale

Salvador Domènec Felip Jacint Dalí i Domènech, marchese di Púbol 

Nacque l'11 maggio 1904 a Perpignan in territorio spagnolo, al confine con la Francia.

Come prima di lui Stendhal , Rilke, Herman Hesse, Beethoven e Van Gogh, Salvador é un "figlio di sostituzione": nasce pochi mesi dopo la morte del fratello maggiore e gli viene dato lo stesso nome.

 

Di suo fratello Dalí disse: "Ci somigliavamo come due gocce d'acqua, ma rilasciavamo riflessi diversi. Probabilmente lui era una prima versione di me..."

 

Non voglio approfondire in questo contesto il notevole impatto a livello psicologico che Salvador ebbe dallo scoprire ancora bambino di avere un alter-ego passato a miglior vita, é materia troppo complessa e non potrebbe essere trattata senza far ricorso a supposizioni scarsamente fondate. Ritengo inoltre poco proficue quelle ricostruzioni psicologiche che hanno la pretesa  di spiegare l'essenza di una persona attraverso i dati biografici. Penso che chi utilizza questo tipo di approccio debba rassegnarsi a scarsi risultati.

 

Un dato incontrovertibile é però che Dalì Dimostrò precocemente una grande propensione per il disegno e la pittura, eccone due chiari esempi: Natura morta, Anatra, dipinti nel 1918 a soli 14 anni.

Ben sappiamo però che la sua è stata una delle figure più ricche e complesse non solo della storia dell'arte ma della cultura mondiale degli ultimi due secoli. Man mano che approfondiamo la conoscenza della sua figura ci si aprono scenari impensati, strato dopo strato, dove lo strato più esterno, quello del pittore talentuoso é ovviamente il primo ad apparire. 

Il Cristo di S.Giovanni della Croce - 1951

 

Eccoci dunque al Primo strato:  é un pittore accademico, perfettamente padrone del mestiere, in grado di dipingere minuziosamente le immagini più complesse che gli si affacciano alla mente, domina i volumi e la luce come pochi altri ed é capace di spaziare da una impeccabile impostazione classica alla pura invenzione lisergica:

La pesca del tonno - due particolari. 1966 - 1967

 

Secondo strato: é un uomo-mondo, un inventore, lavora su parametri totalmente nuovi per cui riesce difficile inquadrarlo: spiazza continuamente sia i suoi detrattori sia i suoi estimatori, capace d' essere visceralmente comico e inafferrabile,  e questo è evidentissimo per esempio nella spudoratezza con cui si autocelebra, nella mancanza totale di umiltà (a che serve?).

 

 Nei suoi scritti, importanti e notevoli quanto e forse più della sua pittura si contraddice continuamente e non se ne fa alcun problema. Nei suoi testi e nelle sue riflessioni non troverete alcuna traccia di soggezione al principio di non-contraddizione. E' dialettico in tempo reale: contemporaneamente afferma e nega, sembra non costruire nulla, é una fontana inesauribile di libere associazioni.

Terzo e più profondo strato: Dalì é serio, metodico, consapevole. Mi piace paragonare questa sua più nascosta zona all'occhio del ciclone, là al centro del vortice è fermo, sicuro, dominus del caos che sta generando.

Il suo successo a livello planetario è un fatto che richiede considerazione, il terremoto che ha generato ha letteralmente spostato gli assetti nella cultura occidentale, da lì in poi l'arte, la letteratura, il cinema hanno capito che potevano aprirsi su dimensioni prima impensabili.

 

Immagini da "Io ti salverò", regia di Alfred Hitchcok - 1945

 

In un intervista che conservo su VHS gelosamente Dalì asserisce d' essere in realtà un "cosmologo" e non un pittore (...i pittori sono stupidi).

Seguendo il suo invito proviamo a osservarlo allora da un punto di vista più elevato, "cosmologico", sollevandoci da terra per vedere con occhio da satellite il ciclone addensatosi sulla piccola stazione di Perpignan.

  

L'unica differenza tra me e un pazzo é che io non sono pazzo.

 

Proseguendo con l'esempio della visione satellitare, allontanandoci dal suolo ecco cosa appare: Salvator Dalì è una zona di confine sottomarina , come la dorsale Atlantica e la sua linea coincide con una faglia, una frattura, linea di incontro e di attrito tra continenti, generatrice di terremoti nel solido terreno del senso comune.

 

La chiave per avvicinarci alla comprensione di quello che succede con l'avvento d Dalì nel mondo si trova secondo me forse in uno dei suoi più famosi dipinti: 

1931 - La persistenza della memoria.

 

E' un piccolissimo quadro, 24 x 33 cm., poco più grande del coperchio di una scatola da scarpe, dipinto una sera dopo aver consumato un pasto a base di  Camembert .

Ecco cosa racconta:

 

Gala era uscita a cena con alcuni amici, io invece ero rimasto a casa per via d'una leggera emicrania, e ciò mi aveva dato l'occasione di riflettere sul fatto che la memoria, col passare del tempo si rammollisce e perde la sua forma originaria... proprio come il Camembert. 

 

Dalì non si lasciava mai sfuggire le sensazioni, era costantemente sintonizzato anche su quelle più piccole, esse erano le fedeli compagne di viaggio nei territori della surrealtà e a volte se ne serviva a scopi pratici, così come per esempio usava parlare alle conferenze calzando delle scarpe molto strette, affinché questo piccolo dolore costrittivo accentuasse le sue capacità di concentrazione e di canto (come un usignolo o un cantante Napoletano).

E un'infinità di esempi consimili si possono trovare nel suo libro 50 consigli magici per dipingere.

 

Quindi prendendo sul serio un'elucubrazione che partiva da una sensazione, quella del tempo che modifica la forma delle cose rendendole più morbide arriva a dipingere La persistenza della memoria.

Sembrerebbe dunque che la chiave di lettura del quadro sia il fatto che il tempo ineluttabilmente dissolve ogni cosa, quindi una riflessione sulla morte e così via... ma secondo i miei calcoli la chiave è alquanto diversa:  

il quadro infatti non ci mostra "cose" dissolte dal tempo, ci mostra che è il tempo stesso a perdere la sua rigidità ( tempo rappresentato pedissequamente, ma inequivocabilmente da orologi) fino a sciogliersi sotto una calda luce che entra di taglio da destra, una luce radente che modella plasticamente le forme accentuandone le ombre.

 

Una luce da oriente, che cuoce il paesaggio immergendolo in una gamma cromatica di tinte calde, un paesaggio desolato, che come in un sogno fa da sfondo a poche enigmatiche ed inquietanti presenze.

Ci dice anche di più: nella dimensione onirica il tempo è una camicia di forza che può cedere i suoi vincoli: il prima, il dopo e la durata convivono mescolati e non più in successione.  

Pavel Florenskij - Sigmund Freud

 

E' fatto risaputo che Dalì fu fortemente influenzato e affascinato da Freud: con la sua opera ne affiancò gli studi e procedette all'esplorazione dei contenuti inconsci sul piano della simbologia. Freud fu a sua volta stimolato da un testo del filososfo /scienziato/teologo russo Pavel Florenskij: Le Porte Regali, in cui trattava il tema dell'immagine in relazione alle Icone. Florenslij nel testo riporta questa esperienza: un uomo sogna di essere accusato di un grave crimine, quindi sogna il processo, la detenzione e l'attesa angosciosa della sentenza, infine il verdetto di condanna a morte, sogna quindi di andare al patibolo condotto tra due ali di folla, la lettura della bibbia, la preparazione, le istruzioni del boia e infine la decapitazione. Svegliatosi con un forte dolore al collo si rende conto che una parte della testata del letto si era staccata e gli era caduta sul collo. Questo racconto ci invita dunque a accettare l'idea che nello stato onirico la nostra coscienza si muove su un piano temporale completamente diverso, il sogno preso ad esempio, essendo complesso e ricco di particolari e di fasi successive richiedeva un buon quarto d'ora per essere raccontato nel tempo soggettivo,  mentre nel tempo misurabile si era svolto in una frazione di secondo, cioè tra la percezione del dolore al collo e il momento del risveglio.

 

Quindi altri prima di Dalì avevano intuito che nella dimensione onirica il tempo può contrarsi e dilatarsi, ma  la dimensione onirica era proprio quella che all'inizio del secolo scorso figure come Freud e Dalì  esploravano seriamente, in un operazione di recupero di una "realtà altra" che la cultura aveva quasi sempre espulso da sè e relegato nella dimensione delle fole, del non senso, del cascame spirituale non produttivo.

 

L'operazione iniziata con Dalì, Freud e pochi altri ha poi rivelato l'immensa portata storica del reintegro della realtà inconscia,  ancora in atto oggi a distanza di un secolo. 

 

 L'unica differenza tra me e un pazzo è che io non sono pazzo...

 

Questa frase incomincia ad essere ora meno enigmatica: fu proprio l'approccio clinico di una nuova generazione di psichiatri capeggiati da Freud che conteneva un elemento di grande novità rispetto al passato: la pazzia veniva per la prima volta presa sul serio. Così venne avvicinata, studiata, scandagliata a sia a livello teorico sia sperimentale "come se" contenesse indicazioni significative, la novità consisteva proprio in questo: nel darle un credito di sensatezza.

 

Per la prima volta non era rigettata come mero stato di caos psichico e quindi curata come una semplice alterazione fisiologica o chimica, ma si procedeva sull'ipotesi di partenza che forse la pazzia avesse una sua qualche insolita forma logica, che contenesse dei messaggi criptati per la coscienza e questo approccio fu tentato nella speranza di trovare un accesso terapeutico di tipo verbale.

 

Per la prima volta si ipotizzava che la pazzia non fosse un non-linguaggio ma un linguaggio molto diverso da quello razionale, tanto che la ragione lo respingeva oppure se ne ritraeva spaventata.  Ma la cosiddetta razionalità non poteva più respingere un dato di fatto: che quel mondo sotterraneo ci appartenesse, fosse parte di noi, e man mano che gli studi sull'inconscio procedevano, che svolgesse un ruolo di primaria importanza come continuo contrappunto alla vita di veglia; di più: che la sfera dei sentimenti, delle emozioni, così poco controllabile e persino dotata di vita autonoma, la linfa stessa della soggettività e dell'identità dell'individuo avesse molto in comune con quel lato d'ombra da sempre relegato nella non-realtà.

 

Ma che cosa poteva aver dato luogo a un tale cambiamento di ottica? Freud è stato spesso paragonato a Cristoforo Colombo,  in quanto scopritore del continente inconscio e l'intero XX secolo è stato segnato da questa scoperta, la cultura stessa ha cambiato rotta, e rotto l'imene che la separava dal mondo delle ombre è stata costretta a maturare e a diventare adulta.   Ma ovviamente questo avvicinamento era in corso da tempo e se riprendiamo l'immagine cara a Freud della realtà endopsichica come la parte nascosta di un iceberg ,  da tempo il Titanic dell'identità culturale dell'occidente era in rotta di collisione con questo iceberg.

 

Il fiume carsico del recupero dell'inconscio era già emerso più volte, soprattutto nelle forme artistiche, per esempio con il simbolismo, con l'arte romantica, che venne al tempo archiviata come decadente, con un evidente accezione negativa. L'ottocento era infatti l'epoca in cui il tumultuoso sviluppo tecnico-scientifico giustificava una grande fiducia nel progresso per cui tutto ciò che non rientrava nella sfera dell'utile ai fine dell'evoluzione  umana sul piano organizzativo, materiale e delle condizioni di vita era visto come deleterio.

 

Dipinti simbolisti: Arnold Boklin, Odilon Redon.

 

LA MORTE DEL TEMPO

 

Ma  non tutto il  mondo dell'arte partecipava alla festa del progresso, una parte si ritraeva, riallacciandosi a forme sospese in un passato più immaginario che reale, alla mitologia classica, alla forza dei simboli che sono inscindibilmente legati ai miti, e quindi pur guardando al passato stava annunciando  l'oramai  prossimo grande evento: l' emersione dell'Atlantide inconscia, già iniziata dunque un secolo prima di Freud.

Ma la causa principale del cambiamento di ottica era inevitabilmente sul cammino espansivo dell'occidente e della sua sfera d'influenza: l'incontro con la cultura orientale.

 

Fu l'allievo prediletto da Freud, Carl Gustav Jung a raccogliere la sfida di porre una di fronte all'altra la coscienza dell'uomo orientale con quella dell'uomo occidentale, di metterle a confronto per coglierne differenze e punti di convergenza.  Con Jung prosegui e si ampliò lo studio comparato tra i patrimoni simbolici e mitologici delle varie culture umane.

 

La persistenza nella memoria di Dalì diventa adesso ai nostri occhi, dopo queste considerazioni, ancora più trasparente: la luce (la conoscenza) che arriva da oriente ha il potere di sciogliere uno dei simboli più forti del mondo occidentale: il tempo scandito, il tempo-lavoro, il tempo-convenzione universalmente accettata, il tempo a cui l'uomo si assoggetta per farsi ingranaggio nella macchina del progresso tecnico-scientifico.

quindi il quadro rappresenta sì la morte ma la morte del tempo: una morte non traumatica ma per dissolvimento .

 

Nel quadro ci sono tre orologi: due sono come rammorbiditi dal calore e piegati sotto il loro stesso peso, l'altro in primo piano è coperto di formiche.  L'immagine delle formiche ha un'eco psichica riconoscibile : la formica richiama il senso di una vita animale e sociale parallela alla nostra, con la quale non possiamo stabilire un contatto, una vita sotterranea, brulicante, esattamente come i pensieri del mondo inconscio al loro primo apparire.

 

Quindi se Freud è stato Colombo, quello che ha portato le navi europee dall'altro lato del mondo,  Dalì' è paragonabile a Linneo,  ha esplorato il territorio, si è avventurato nelle giungle, classificato piante e animali, tracciato strade,  e ne ha infine riportato, nel nostro continente, i racconti e le descrizioni attraverso immagini visive e poetiche. 

Ecco però che è arrivato il momento di approfondire il terzo e ultimo strato.

 

 

 L'ANGELUS DI MILLET - IL METODO

 

Dalì in realtà anche se è una cosa in genere disconosciuta, ha tracciato le linee di un vero e proprio metodo, affinchè anche noi possiamo orientarci nella giungla dei simboli, di più, ci ha spiegato come e perché ogni più piccolo e insignificante dettaglio della quotidianità può rivelare aspetti sorprendenti, in una concezione non molto distante da quella elaborata da Jung nel saggio sulla sincronicità:

Realtà e mondo onirico sono in costante rapporto di scambio e di osmosi, i confinamenti e i contenimenti esclusivamente razionali sono una prevaricazione delle potenzialità complessive dell'essere umano, delle sue possibilità espressive, addirittura della sue capacità di presa e di dominio sugli eventi reali.

Questo metodo Dalì ce lo ha illustrato bene nel suo testo l'Angelus di Millet e il metodo paranoico-critico.

 

Il termine paranoico che richiama la paura incontrollabile di tutto e di tutti in realtà è qui utilizzato in senso tecnico: la paranoia è la forma primitiva e istintiva secondo la quale riversiamo sul mondo esterno i contenuti inconsci, la paranoia è proiezione là dove il mondo esterno è schermo. Dato che per qualche motivo  che varrà la pena analizzare in un suo ambito specifico, la nostra coscienza è fatta in modo tale che neghiamo automaticamente (e senza accorgercene) l' attribuzione a noi stessi dei contenuti inconsci (cioè quelli che provengono dalla zone dell'ombra) quando si manifestano in noi per un gioco di rovesciamento speculare li vediamo nell'altro, negli altri, comunque sempre al di fuori.

 

Ma la paranoia è anche, per così dire il momento dell'eruzione, il momento in cui il magma esce dalle profondità alla luce del sole, e anche se non è contenibile e trattabile per l'eccessivo calore (quantità di energia contenuta) e quindi viene vista solo di riflesso, attraverso la proiezione sull'altro, ed è importante perchè è il momento in cui si rende visibile e conoscibile.

 

Per restare in tema di  geologia posso spiegare meglio perchè asserivo all'inizio di questo testo che Dalì era da considerare la faglia, la zona di confine e di attrito tra due continenti: là dove oriente e occidente si toccano si accumulano grandi quantità di energie che vengono poi liberate in un processo di assestamento, liberazione di energie i cui effetti sono da noi conosciuti nella distruttività dei terremoti e degli tsunami.  Anche con Dalì e con la cultura che da lui procede si generano dei terremoti (di senso) che coincidono a progressive liberazioni di energia (secondo l'idea cara a  Bateson secondo cui l'energia è informazione)  e ciò avviene proprio perchè si trova sulla linea di confine, al centro del grande scontro-incontro.

Il secondo momento, quello definito come "critico", rappresenta l'arsenale di attrezzi e metodologie per trattare questo materiale incandescente. Niente di meno delle moderne tecniche di psicologia analitica, che presto o tardi diverranno patrimonio culturale comune del mondo in cui stiamo vivendo.

 

UN ESEMPIO DALLA STORIA RECENTE

 

Per rendere meno astruso questo quadro possiamo prendere ad esempio i movimenti giovanili tra gli anni 50' e 70': mods, beatniks, hippies, movimenti che nascevano negli anni immediatamente successivi al secondo conflitto mondiale, distruzioni e tragedie, rovine e massacri erano finiti e una grande frenesia vitale era riemersa soprattutto nei giovani, oltretutto il mondo adulto non aveva proprio dato una gran prova di sè e quindi la voglia di tornare a vivere e divertirsi coincideva con il rifiuto da parte delle nuove generazioni di tutto un modello educativo e di esistenza che appariva ormai a tutti come fallimentare.

 

In questa breccia entrarono come fiumi in piena la culture orientali, soprattutto il Buddismo e l'induismo poichè il Regno Unito aveva da tempo realizzato un collegamento stabile con l'India, che fornivano un modello alternativo a quello dell'alienazione del lavoro, dell'american way of life che si stava imponendo velocemente in tutto l'occidente e del patriottismo guerrafondaio: era il tempo di ridefinire l'essere umano, recuperare la dimensione del sogno e dell'amore.

 

Questi nuovi modelli culturali, queste nuove concezioni di vita pescarono a piene mani nelle immagini e nei territori del surrealismo: la porta verso i tesori dell'inconscio era ormai aperta. Possiamo affermare anche abbastanza tranquillamente che l'avvento del consumo generazionale di droghe era in sintonia sia con il tipo di esplorazione degli universi interiori e delle esperienze mistiche del non più lontano oriente, sia con il lavoro di ricerca svolto dalla prima avanguardia surrealista:

La scrittura automatica, il gioco delle libere associazioni, in parte dedotto dalla pratica psicoanalitica veniva a definire un soggetto umano che non aveva più timore di incontrare  se stesso in ciò che conteneva di più enigmatico e misterioso.  Sappiamo però che questo incontro, che fu in un certo qual modo necessario e inevitabile in quanto i tempi erano ormai maturi,  si rivelò autodistruttivo e il consumo delle droghe decimò un'intera generazione non solo sotto l'aspetto della salute fisica ma anche sotto quella psichica. Questa  sperimentazione fine a se stessa non aveva portato da nessuna parte.

 

Dalì si staccò dal movimento surrealista proprio su questa questione di metodo:  il soggetto che accoglie il mondo interiore in modo acritico viene sommerso: la psicosi è caos, la produzione di simboli senza una guida travolge l'io, ne è molto più forte.  Dalì inaugura un aspetto decisivo per la nostra cultura: il terzo occhio occidentale, la nascita del soggetto riflessivo, capace di distacco e di visione e non di acritica immedesimazione, che permette un rapporto completamente nuovo con il mondo psichico, e da questo punto in poi quel cammino iniziatico che è il processo di individuazione prende forma e l'identità dell'uomo inizia a spostarsi fatalmente dall'io individuale al sè universale.

 

Ecco cosa infine Dalì dice di sé:

 

"Dalì (è lui che parla in terza persona) da razionalista assoluto voleva conoscere tutto l'irrazionale, non per estrarne un nuovo repertorio letterario ed umano ma al contrario per ridurre e sottomettere questo irrazionale di cui andava alla conquista...per trasformarlo in pura energia mistica, una volta spiritualizzato definitivamente questo brulichio viscerale  e ammoniacale della vita biologica, la missione e la ragion d'essere dell'uomo sulla terra sarebbero compiute e tutto diventerebbe tesoro"